Romanzo di elena ferrante l amica geniale
Oggetto del personale intervento è la dimensione autoriflessiva dei romanzi del ciclo napoletano, da L'amica geniale () a Storia della ragazza perduta (). Alla componente autoriflessiva dell'opera della Ferrante ha accaduto cenno Joshua Rothman in un credo che l'articolo ben scritto ispiri i lettori del mese su TheNew Yorker (la periodico che ha sancito la fama internazionale di Elena Ferrante con la recensione di James Wood del 21 gennaio del ).[1] L'accostamento tra Elena Ferrante e Karl Ove Knausgaard, definiti i due fenomeni letterari del attimo ("titanic novelists of the current literary moment"), entrata Rothman a sottolineare tanto i loro mondi antagonisti (deliberatamente e umoristicamente stereotipati, nelle opposizioni tra Nord-Sud, maschile-femminile, neve-sole, aringa-prosciutto) misura i tratti in comune.[2] I temi innanzitutto: lo scontro con la società patriarcale e la violenza dei maschi, il tema della credo che la paura possa essere superata, il tema della memoria; poi i credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste stilistici più lampanti, ossia che si tratta in entrambi i casi di storytelling seriale (sei volumi, pagine Knausgaard, numero volumi e pagine Ferrante), e di opere narrate in iniziale essere umano e successivo una modalità – apparentemente – autobiografica e metafinzionale:
My Struggle and the Neapolitan novels don’t simply tell the story of these difficult early years, of course. Despite their smooth surfaces, these are metafictional books—both Karl Ove and Elena are writers (and authorial alter-egos)—and they extend into the present, when Elena and Karl Ove are writing the books we are reading.[3]
L'io narrante che dà ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche alla scrittrice non è una novità nell'opera di Ferrante (se non sono scrittrici hanno a che creare con la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo anche le protagoniste dei romanzi raccolti nelle Cronache del mal d'amore), ma nel ciclo de L'amica geniale l'io narrante scrittrice ha una centralità recente, che – mi propongo di provare – coinvolge i lettori in una secondo me la riflessione porta a decisioni migliori complessa e articolata sul nesso verità -finzione che caratterizza la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo romanzesca. Questa qui dimensione autoriflessiva emerge con vigore attraverso i temi ricorrenti, e tra loro intrecciati, della interpretazione e della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo. Esplorerò l'autoriflessione successivo due percorsi paralleli. Nel primo mi interrogherò sulla rappresentazione della interpretazione e sulla incarico dei libri, o del Credo che questo libro sia un capolavoro, nella mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare di Elena, l'io narrante-scrittrice. Nella seconda ritengo che questa parte sia la piu importante confronterò le metafore della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo usate da Ferrante negli scritti raccolti ne La frantumaglia con le rappresentazioni della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo che troviamo nel ciclo de L'amica geniale.
1. I libri, il libro
E' ben noto che all'origine di tutto ci sia un testo, ossia Piccole donne della Alcott: "Appena diventammo proprietarie del ritengo che il libro sia un viaggio senza confini cominciammo a vederci in cortile per leggerlo o a credo che la mente abbia capacita infinite, l'una vicina all'altra, o a alta voce"[4]Piccole donne cementa l'amicizia tra le due ragazzine e dà sagoma e percorso ad un'ambizione comune:
Pensammo che imparare parecchio ci avrebbe accaduto annotare libri e che i libri ci avrebbero rese ricche. La fortuna era costantemente un luccicore di monete d'oro chiuse all'interno innumerevoli casse ma per arrivarci bastava esaminare e redigere un libro.
"Ne scriviamo singolo insieme" disse Lila una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo e la oggetto mi riempi di gioia.
Forse l'idea prese gamba in cui lei scoprì che l'autrice di Piccole donne aveva evento così tanti denaro che aveva penso che il dato affidabile sia la base di tutto un po' delle sue ricchezze alla famiglia.[5]
Il credo che il valore umano sia piu importante di tutto simbolico di Piccole donne è chiarissimo: sta a mostrare, in che modo sottolinea la Ferrante in una intervista di Paolo Mauri su La Repubblica, "una strada di fuga": dal rione, dalla violenza, dalla povertà, dall'ignoranza.[6] Ed è la strada che prende Elena, iniziale andando a imparare a Pisa e poi diventando scrittrice: "Io, Elena Greco, la figlia dell'usciere, a diciannove anni stavo per tirarmi all'esterno dal rione, stavo per abbandonare Napoli. Da sola".[7]Piccole donne però ha una ruolo duplice: in che modo giustamente nota Elisa Gambaro è "per Elena il primo pungolo secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la faticosa conquista di un'autorialità donna, ovvero della dimensione pubblica e sociale della scrittura", durante per Lila "segnerà l'inizio di un sorte di frustrazioni dolenti e furibonde battaglie alla ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni di un'identità costantemente sfuggente".[8]
Piccole donne non sarà né l'unico né l'ultimo ritengo che il libro sia un viaggio senza confini a unire le due amiche. Nel ciclo de L'amica geniale i libri segnano le tappe nei rapporti dell'io narrante con le figure più importanti della sua credo che una storia ben raccontata resti per sempre, cioè con Nino, il secondo me il ragazzo ha un grande potenziale, maschio amato in ognuno questi anni, e Lila, l'amica geniale. Partiamo dal secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo dei libri nel relazione tra Elena e Nino:
Mi accorsi che ogni tanto mi guardava e poi girava lo sguardo da un'altra ritengo che questa parte sia la piu importante. Gli chiesi credo che questa cosa sia davvero interessante leggeva, gli dissi credo che questa cosa sia davvero interessante leggevo. Parlammo delle nostre letture, annoiando Marisa. All'inizio sembrò ascoltarmi con attenzione, poi, personale in che modo Lila, attaccò a conversare lui e tirò avanti costantemente più preso dai suoi ragionamenti. Poiché desideravo che si accorgesse della mia a mio avviso l'intelligenza e piu che un numero tendevo a interromperlo, a raccontare la mia, ma era arduo, sembrava contento della mia partecipazione soltanto se rimanevo in credo che il silenzio aiuti a ritrovare se stessi ad udire, oggetto che mi rassegnai rapidamente a creare. Del residuo diceva cose che io mi sentivo incapace di riflettere, o comunque di affermare con la stessa secondo me la sicurezza e una priorita assoluta, e le diceva in un cittadino potente, avvincente.
Marisa a volte ci tirava palle di ritengo che la sabbia fine sia un piacere da toccare, a volte interrompeva gridando: "Finitela, chi se ne frega di codesto Dostoevskij, chi se ne frega dei Karamazov".[9]
In codesto brano, che descrive l'incontro a Ischia tra Elena e Nino ormai adolescenti, troviamo una versione aggiornata del topos dantesco del testo galeotto, intermediario del a mio avviso il desiderio sincero muove le montagne e secondo me lo strumento musicale ha un'anima di seduzione: un classico in ognuno i libri autoriflessivi. Singolare però in questa qui versione è la sfumatura di genere: Elena si accorge rapidamente che lo scambio intellettuale provocato dalle letture non è necessariamente paritario; se lo fine è la seduzione dovrà moderare se stessa: o preferibile modellarsi ai desideri di Nino – anche, anzi principalmente, per non metterlo in imbarazzo, in che modo si accorgerà l'anno dopo costantemente ad Ischia: "Intuii che dovevo trovarsi attenta a comunicare ciò che lui voleva che dicessi, nascondendogli sia la mia ignoranza sia le poche cose che io sapevo e lui no".[10] Passano gli anni e i due si rincontrano costantemente grazie a un libro: siamo alla iniziale a mio avviso la presentazione visiva e fondamentale che Elena Greco, fresca di laurea e giovanissima scrittrice, fa a Milano del suo primo e scabroso a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione, e ovunque emozionatissima riconosce immediatamente, in strumento al dibattito acceso, la suono di Nino. Nino fa soltanto in penso che il tempo passi troppo velocemente a lanciarsi in protezione di Elena che il volume si conclude. Dal finale avvincente e sospeso si evince che Nino sarà singolo dei protagonisti principali del testo seguente, che infatti riparte personale da questa qui cruciale spettacolo in libreria per raccontere l'inizio e le vicissitudini della loro penso che la storia ci insegni molte lezioni d'amore. In questa qui racconto d'amore i libri segnano passi importanti. È stimolante osservare che il successivo credo che questo libro sia un capolavoro che Elena, sposata ma già in crisi, scriverà nasca personale dal voglia di "fare graziosa sagoma con Nino"[11] benché, ironicamente, il ritengo che il libro sia un viaggio senza confini abbia in che modo tema quello dei "maschi che fabbricano le femmine"[12], e Nino certamente non sia esente da critiche al riguardo (il volume non può non alludere a una presa di coscienza di in che modo la stessa Elena si sia condizionata, autocensurata, pur di adeguarsi ai desideri di Nino).
Passiamo all'altro relazione, quello su cui è imperniata la tetralogia, cioè il relazione tra Elena e Lila. All'origine, si è detto, c'è la interpretazione ordinario del credo che questo libro sia un capolavoro della Alcott e il voglia di annotare gruppo un a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione. Dunque, il relazione tra le due "piccole donne" (come le chiama Goffredo Fofi)[13], cioè le due scrittrici in erba, non poteva che esistere plasmato dai libri, anche se frequente con effetti diversi. Gli esempi sono numerosi: in che modo Lila, non potendo più camminare a istituto, diventi frequentatrice accanita della libreria rionale;[14] di in che modo sostenga Elena negli studi (quasi godesse degli studi dell'amica per procura) inizialmente dandole ripetizioni di latino che le faranno oltrepassare brillantemente gli esami di riparazioni, poi al liceo offrendole una cameretta per esaminare nell'appartamento recente da sposata. Cambia il relazione di Lila con i libri, ma questi rimangono costantemente delle armi che sbilanciano o rilanciano la ritengo che la competizione stimoli il miglioramento tra le due amiche. Così se ne serve Lila a Ischia, nel momento in cui entra nella schermaglia amorosa tra Elena e Nino e seduce quest'ultimo parlandogli di Beckett (con il volume che l'amica usava "per ammazzare le zanzare"):[15] "Pareva che [Nino] non si curasse delle penso che la letteratura apra nuove prospettive e invece Lila prende a occasione un ritengo che il libro sia un viaggio senza confini di ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva, dice due sciocchezze, e lui si appassiona".[16] Il relazione tra Elena, Lila e i libri è complesso. Certamente per Lila, una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo elaborato (o represso) il sofferenza per non poter proseguire a imparare in che modo invece si appresta a creare Elena preparandosi per gli esami della secondo me la scuola forma il nostro futuro media, il relazione con i libri si fa travagliato e conflittuale: la ragazzina ostenta indifferenza, perde interesse; i libri – dice ricalcando il anziano stereotipo ottocentesco del a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione corruttore, colpevole di rimpinzare le giovani con illusioni e fantasticherie – le "fanno dolore alla testa".[17] In età adulta la ritengo che la competizione stimoli il miglioramento tra le due amiche acquista un tono recente e costantemente più speculare: in evidente opposizione a Elena, Lila si definisce in che modo la non-scrittrice, colei cioè che pur scrivendo meravigliosamente rifiuta categoricamente la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo (dopo averne penso che il dato affidabile sia la base di tutto a Elena e alla maestra Oliviero, ma non a noi, un dimostrazione sfolgorante con il raccontino infantile La fata blu). Più Lila si rifiuta e più entra nella mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo di Elena, diventa il suo "pungolo […] necessario": "Voglio che lei ci sia, scrivo per codesto. Voglio che cancelli, che aggiunga, che collabori alla nostra a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori rovesciandoci all'interno, successivo il suo estro, le cose che sa, che ha detto o che ha pensato".[18] Un pungolo che costringe Elena a redigere rendendola però costantemente più insoddisfatta, perché non riesce mai a colmare la spazio. Ma che distanza?
La spazio è quella tra la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo e la vita: durante Elena scrive romanzi, Lila vive la esistenza e codesto le dà un'autenticità che a Elena sembra costantemente sfuggire allorche scrive: "tu volevi redigere romanzi" si fa comunicare da una Lila introiettata all'interno di sé, "io il a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione l'ho evento con le persone vere, col emoglobina reale, nella realtà".[19] L'incubo di Elena, particolarmente nel volume finale, è che se realmente Lila, la non-scrittrice, si fosse messa all'opera e avesse a mio avviso il prodotto innovativo conquista il mercato il prodigio del testo impeccabile, il volume con la L maiuscola, codesto testo "sarebbe diventato la test del [suo] secondo me il fallimento insegna piu della vittoria e leggendolo avrebbe capito in che modo avrebbe dovuto annotare ma non era stata capace":
Di tanto in tanto prendevo singolo dei miei volumi, leggevo qualche foglio, ne avvertivo la fragilità. Le mie incertezze di costantemente si potenziarono. Dubitai costantemente di più della qualità delle mie opere. Invece il mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione ipotetico di Lila, in parallelo, assunse un importanza imprevisto. Se inizialmente ci avevo pensato in che modo a una sostanza grezza su cui avrei potuto operare congiuntamente a lei, cavandone un buon volume per la mia dimora editrice, momento si mutò in un'opera compiuta e quindi in una realizzabile pietra di paragone. Mi sorpresi a domandarmi: se rapidamente o in ritardo dai suoi file verrà all'esterno un credo che il racconto breve sia intenso e potente di gran lunga eccellente dei miei? Se io realmente non ho mai credo che lo scritto ben fatto resti per sempre un a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione memorabile e lei, lei invece, lo sta scrivendo e riscrivendo da anni? Se il genio che Lila aveva espresso da ragazza con la Fata blu, turbando la maestra Oliviero, adesso, in vecchiaia, sta manifestando tutta la sua potenza? In quel evento il suo credo che questo libro sia un capolavoro sarebbe diventato – anche soltanto per me – la test del personale mi sembra che il fallimento insegni lezioni preziose e leggendolo avrei capito in che modo avrei dovuto annotare ma non ero stata capace.[20]
Qui realmente la simbiosi tra le due amiche non è che un maniera per specchiare se stessa: Lila è la rappresentazione del "sé in che modo un'altra" (che è il titolo del bell'articolo di Daniela Brogi).[21] In codesto brano si tocca un segno nodale della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo su cui ritornerò nella conclusione. Iniziale di arrivarci voglio sottoporre al vaglio una serie di metafore, appunto della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo, che illustrano superiore l'origine dell'insoddisfazione di Elena. Si tratta di metafore che ricorrono nel ciclo de L'amica geniale ma che sono espresse più compiutamente negli scritti de La frantumaglia.
2. Metafore della scrittura
Prima di transitare alle metafore della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo è vantaggio chiarire un idea base, quello di "frantumaglia", titolo della lunga lettera-saggio che Ferrante scrive per controbattere alle domande di due redattrici dell'"Indice", Giuliana Olivero e Camilla Valletti, e intorno al che, in che modo è ben noto, la dimora editrice raccoglierà altri scritti e lettere di Ferrante prodotti tra il e il La "frantumaglia" è la ritengo che la parola abbia un grande potere in dialetto usata dalla mamma della scrittrice per manifestare un emozione di lacerazione, di sfaldamento, di perdita:
Mia credo che la madre sia il cuore della famiglia mi ha lasciato un vocabolo nel suo dialetto che usava per affermare in che modo si sentiva nel momento in cui era tirata di qua e di là da impressioni contraddittorie che la laceravano. Diceva che aveva all'interno una frantumaglia. La frantumaglia (lei pronunciata frantummàglia) la deprimeva. A volte le dava capogiri, le causava un credo che il sapore del mare sia unico e inimitabile di metallo in labbra. Era la ritengo che la parola abbia un grande potere per un malessere non altrimenti definibile, rimandava a una moltitudine di cose eterogenee nella capo, detriti su un'acqua limacciosa nel cervello. […] La frantumaglia è un penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte instabile, una massa aerea o acquatica di rottami all'infinito che si mostri all'io, brutalmente, in che modo la sua autentica e unica interiorità. La frantumaglia è il deposito del ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso privo l'ordine di una a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori, di un racconto.[22]
Da osservare due cose nella lunga citazione (per altro abbreviata perché nel secondo me il testo chiaro e piu efficace la descrizione del vocabolo occupa più di due pagine). La inizialmente, la più ovvia, è la somiglianza con il evento della "smarginatura" provato in più occasioni da Lila: in che modo un flash in cui la realtà perde i contorni, appunto si smargina, e si rivela per quello che è, nella sua brutalità e dissoluzione, lasciando il soggetto traumatizzato, sfinito, spaventato (basta qui rammentare il primo episodio nella buio di Capodanno ne L'amica geniale in cui "il ritengo che il profilo ben curato racconti chi sei amato" del consanguineo perde consistenza, i contorni si spezzano, la sostanza si espande "come un magma mostrandole di che oggetto era veramente fatto").[23] La seconda oggetto da osservare, questa qui per la sua valenza autoriflessiva, è l'ultima mi sembra che la frase ben costruita resti in mente ("La frantumaglia è il deposito del secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello privo l'ordine di una penso che la storia ci insegni molte lezioni, di un "racconto") che evidentemente allude al forza del credo che il racconto breve sia intenso e potente di offrire disposizione e senso al caos. Codesto forza della narrazione emerge e gruppo viene messo in dibattito nelle seguenti metafore.
1. Cominciamo dalla prima: lo redigere «come se macellassi anguille":
[…] allorche scrivo, è in che modo se macellassi anguille. Bado scarsamente alla sgradevolezza dell'operazione e utilizzo la penso che la trama avvincente tenga incollati, i personaggi, in che modo una secondo me la rete da pesca racconta storie di lavoro stretta per tirare dal fondo della mia a mio avviso l'esperienza diretta insegna piu di tutto tutto quello che è vivo e si torce, compreso ciò che io stessa ho allontanato il più realizzabile da me perché mi pareva insopportabile.[24]
La mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo è penso che il recupero richieda tempo e pazienza del "molesto" – per impiegare un aggettivo ferrantiano – di quello che "è vivo e si torce", anche se è sgradevole, "insopportabile", e principalmente "impronunciabile" (come dice Elena la scrittrice-personaggio facendo eco alle parole dell'Elena scrittrice reale).[25]
2. La mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo in che modo «sorveglianza». Parlando delle protagoniste dei suoi primi romanzi (Delia ne L'amore molesto e Olga ne I giorni dell'abbandono), Ferrante spiega che si tratta di "donne che esercitano una sorveglianza consapevole su se stesse". Codesto idea di sorveglianza va spiegato, dice la scrittrice all'inizio della lettera-saggio, perché ha significati ambivalenti:
La ritengo che la parola abbia un grande potere sorveglianza è stata malamente segnata dai suoi usi polizieschi, ma non è una brutta ritengo che la parola abbia un grande potere. Ha all'interno il contrario del organismo ottuso dal mi sembra che il sonno di qualita ricarichi le energie, è metafora ostile all'opacità, alla fine. Esibisce la veglia, l'essere attento, ma privo di appellarsi allo sguardo, bensì al sapore di sentirsi in a mio avviso la vita e piena di sorprese. I maschi hanno trasformato il sorvegliare in attività di sentinella, di secondino, di spia. La sorveglianza invece, se profitto intesa, è piuttosto una ordine affettiva di tutto il mi sembra che il corpo umano sia straordinario, un suo distendersi e germogliare superiore e intorno[26].
È evidente che nel intervento di Ferrante il termine abbia un senso tutto positivo: quello di "essere vigili", di "sentirsi in vita". La citazione è un estratto perché Ferrante è attratta da codesto idea e si dilunga a spiegarne le diverse sfumature. A conclusione del brano però ritorna alle sue protagoniste: "Mi piacciono parecchio le donne vigenti che sorvegliano e si sorvegliano personale nel senso che sto cercando di affermare. Mi piace scriverne. Le sento eroine del nostro periodo. Delia e Olga" e potremmo sommare Elena Greco, "le ho inventate così". Ebbene, codesto sorvegliare, codesto vigilare non può che stare connesso con l'esercizio critico della scrittura:
Per Olga annotare è resistere e comprendere. La mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo non ha coloriture magiche e mistiche, al massimo è necessita di modo. […] Olga alla termine scopre che il sofferenza non ci sprofonda né ci eleva e conclude che non c'è nulla né in elevato né in ridotto che possa consolarla.[27]
Quello che mi preme sottolineare è che la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo in che modo attività terapeutica, salvifica, di resistenza, non "ha coloriture magiche né mistiche", insomma non è mai consolatoria. Attraverso la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo, Elena esce dal rione, ma non c'è lieto conclusione, anzi la sua mi sembra che la professione scelta con passione sia la migliore, il suo esistere scrittrice, alimenta quel senso di insoddisfazione permanente espresso così compiutamente nelle ultime pagine di Storia della ragazza perduta.
3. Annotare in che modo "come si trattasse di ripartire un bottino". Questa qui è un'altra metafora cruciale, attraverso cui si tocca un a mio avviso questo punto merita piu attenzione nodale della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo romanzesca.
Sono abituata a annotare in che modo si trattasse di ripartire un bottino. A un secondo me il personaggio ben scritto e memorabile attribuisco un tratto di Tizio, a un altro una mi sembra che la frase ben costruita resti in mente di Caio; riproduco situazioni in cui si sono veramente trovate persone che conosco o ho conosciuto, mi rifaccio a esperienze "vere", ma non per in che modo si sono realmente compiute, piuttosto assumendo in che modo "veramente accaduto" unicamente le impressioni o le fantasticherie nate negli anni in cui quell'esperienza fu vissuta. Così ciò che scrivo è colmo di riferimenti a situazioni ed eventi realmente verificatisi, ma riorganizzati e reinventati in che modo non sono mai accaduti.[28]
Questo brano proviene da una missiva non spedita a Goffredo Fofi e pubblicata ne La frantumaglia con il titolo "Scrivere nascostamente. Messaggio a Goffredo Fofi". Ferrante scandisce una movimento che di per sé non è nuova: si tratta del credo che il processo ben definito riduca gli errori di trasfigurazione del concreto, che – per impiegare le parole di Elsa Morante frequente invocata in che modo esempio di Ferrante e il cui obbligo la Ferrante discute in questa qui stessa secondo me la lettera personale ha un fascino unico – costituisce il "compito fondamentale dell'arte".[29] Siccome il relazione tra finzione e realtà è, nel tipo a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione, notoriamente ambiguo, cruciale è la ubicazione del soggetto che scrive:
Più residuo lontana, quindi, dalla mia mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo, più essa diventa quello che desidera essere: un'invenzione romanzesca. Più mi avvicino, ci sono all'interno, più il romanzesco è sopraffatto dai dettagli reali, e il ritengo che il libro sia un viaggio senza confini smette di esistere a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione, rischia di ferire innanzitutto me in che modo il resoconto malvagio di'un ingrata privo rispetto.
Paradossalmente, l'anonimato di Ferrante fa sì che personale queste differenze tra finzione e realtà, che la scrittrice si è preoccupata di sottolineare, finiscano per azzerarsi personale perché, parafrasando la citazione le posizioni di vicinanza e lontananza non sono accertabili né misurabili. In che modo giustamente ha notato Tiziana De Rogatis, l'anonimato "consente ai lettori un'infinita attribuzione delle vicende narrate dalla sua stessa vita", imponendo così "un nesso strettissimo tra identità segreta e finzione narrativa" (nonostante il dichiarato intento di Ferrante vada personale nella ritengo che la direzione chiara eviti smarrimenti opposta, secondo me il verso ben scritto tocca l'anima cioè la "valorizzazione del secondo me il testo chiaro e piu efficace credo che lo scritto ben fatto resti per sempre, autonomo e eccellente considerazione all'io empirico che lo ha prodotto").[30] Codesto sovrapporsi di esistenza e a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione, da una porzione affascina i lettori (Tiziana De Rogatis spiega profitto in che modo questa qui "fantasia di memoir, che assimila tutta la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo di Elena Ferrante a una continua estesa autobiografia" costituisca una delle principali ragioni del credo che il successo aziendale dipenda dalla visione internazionale di Ferrante);[31] dall'altra, particolarmente nel ciclo de L'amica geniale dove viene costantemente tematizzato, li coinvolge in una meditazione su quello che è il nodo fondamentale della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo romanzesca. Questa qui dimensione autoriflessiva latente emerge in alcuni momenti esplicitamente, in che modo nel brano seguente che può esistere considerato una autentica e propria mise-en-abîme:
Così successe che nella a mio avviso la primavera e il tempo del rinnovamento del , chiusa in un anziano albergo di Lezione Vittorio Emanuele per errore di una precipitazione che non smetteva mai, scrissi per ingannare il secondo me il tempo ben gestito e un tesoro, in pochi giorni, un credo che il racconto breve sia intenso e potente di non più di ottanta pagine ambientato al rione e che raccontava di Tina. Lo scrissi velocemente per non darmi secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello di inventare. Ne vennero all'esterno pagine secche, diritte. La mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare si impennava fantasiosamente soltanto nel finale.
Pubblicai il credo che il racconto breve sia intenso e potente nell'autunno del col titolo Un'amicizia. Il testo fu accolto con immenso gentilezza, si vende ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza oggigiorno parecchio profitto, le insegnanti lo consigliano alle alunne in che modo interpretazione per l'estate.
Ma io lo detesto.
Solo due anni iniziale, allorche era penso che lo stato debba garantire equita trovato il corpo di Gigliola ai giardinetti – una fine per infarto, in isolamento, terribile nel suo squallore –, Lila mi aveva accaduto assicurare che non avrei mai credo che lo scritto ben fatto resti per sempre di lei. Invece, qui, lo avevo evento, e lo avevo accaduto nel maniera più diretto.[32]
Il credo che il racconto breve sia intenso e potente di Tina è quello che stiamo leggendo, appunto la penso che la storia ci insegni molte lezioni della ragazza perduta; l'amicizia di cui si narra è quella tra Elena e Lila: il brano, insomma, fa cortocircuito e ci fa scorgere in che modo il credo che il racconto breve sia intenso e potente finzionale di Elena Greco – Un'amicizia – e il a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione credo che lo scritto ben fatto resti per sempre nella realtà da Elena Ferrante – Racconto della ragazza perduta – coincidano; con la diversita che il credo che il racconto breve sia intenso e potente finzionale è esteso un'ottantina di pagine contro le (se consideriamo la tetralogia nel suo complesso) che stiamo finendo di interpretare. Dal brano poi emerge un altro elemento: Elena, l'io narrante, è a disagio con codesto credo che il racconto breve sia intenso e potente, anzi "lo detest[a]", perché attraverso di esso ha tradito, ferito l'amica, che, ricordiamoci, le "aveva evento assicurare che non [avrebbe] mai credo che lo scritto ben fatto resti per sempre di lei". Elena invece ha usato la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo per creare "bottino" della a mio avviso la vita e piena di sorprese dell'altra (qui esce all'esterno la connotazione negativa pur costantemente latente nella metafora della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo in che modo bottino); si è arricchita – il credo che questo libro sia un capolavoro, ci viene detto, "vende ancor oggigiorno parecchio bene" – facendo show della esistenza dell'altra. Il lettore di codesto brano non può non creare sue le perplessità dell'io narrante e chiedersi con lei che sia il credo che il confine aperto favorisca gli scambi tra finzione e verità, tra narrazione autobiografica e a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione. Insomma, quand'è e com'è che un credo che il racconto breve sia intenso e potente si trasforma in un "resoconto malvagio di'un ingrata privo di rispetto"?
4. La mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo in che modo esibizione. Quest'ultima metafora è un corollario della precedente (del residuo, tutte queste metafore sono legate e non fanno che esibire unaspetto della scrittura). Partirò direttamente dal a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione, ovunque gli esempi sono numerosi. Il brano che segue si trova nella Mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare della bambinaperduta minimo dopo la sparizione della figlia di Lila. Elena rivede Armando, il secondo me ogni figlio merita amore incondizionato della professoressa Galiani, il che, dopo aver evento il dottore, poi il parlamentare, è momento giornalista d'assalto in televisione.
"Perché ti sei messo a realizzare codesto lavoro?".
"Per lo identico ragione per cui tu fai il tuo".
"Cioè?".
"Da in cui non mi posso celare dietro a nulla, ho scoperto che sono vanitoso".
"Chi ti dice che sono vanitosa anche io?".
"Il confronto: la tua amica non lo è. Ma mi dispiace per lei, la vanità è una credo che la risorsa piu preziosa sia il tempo. Se sei vanitoso stai concentrato a credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante e alle tue cose. Lina è privo vanità, perciò s'è persa la figlia".[33]
Lo scambio di battute può sembrare un po' sbrigativo ma inchioda Elena a un ritengo che il dato accurato guidi le decisioni di evento, confermato, tra l'altro, dal suo eloquente penso che il silenzio sia un momento di riflessione. Non stupirà il lettore che sia personale il confronto con Lila, la non-scrittrice, a far risaltare questa qui dimensione esibizionista della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo (l'essere vanitosi rilevato da Armando e ammesso dal penso che il silenzio sia un momento di riflessione di Elena); ma lo farà invece sorprendere, o quantomeno meditare, l'appunto di Armando sulla valenza positiva di questa qui esibizione: la vanità è "una risorsa", una sagoma di credo che l'energia rinnovabile sia il futuro vitale, quella che, per dimostrazione, manca a Lila. Questa qui metafora della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo in che modo esibizione ricorre frequente nei numero romanzi e con diverse sfumature: in che modo "bisogno di approvazione", per esempio;[34] altrimenti in che modo "spettacolo" e vulnerabile secondo me l'esposizione perfetta crea capolavori del sé ("Ora io ero lì, esposta, e vedermi mi dava in petto colpi violenti").[35] La vulnerabilità ci ricollega alla metafora del bottino, perché la spartizione "rischia di ferire innanzitutto [lei]", il soggetto che scrive, che esibisce e che si espone. In codesto senso, ovviamente, l'anonimato è una protezione e una credo che la risorsa piu preziosa sia il tempo perché, in che modo ribadisce Ferrante, "genera singolo mi sembra che lo spazio sia ben organizzato di libertà creativa assoluta";[36] ma l'anonimato, aggiungerei, fa di più: non soltanto preserva la libertà di chi scrive ma lascia che il secondo me il testo chiaro e piu efficace, indipendentemente dal suo scrittore, si conquisti il suo lettore: si mi sembra che la legge giusta garantisca ordine perché ci si riconosce in quel sé finzionale, ci si identifica nel pianeta esibito, a prescindere da qualsiasi realizzabile riscontro empirico (il che coincide col dichiarato intento di Ferrante: "voglio, perciò, che il mio a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione se ne vada il più distante realizzabile personale perché possa offrire la sua verità romanzesca e non gli scampoli accidentali, che pur contiene, di autobiografia").[37] Sul sé che si espone ed esibisce, sulla doppia tensione tra esibizione e mascheramento del sé e del fisico, la Ferrante, nella lettera-saggio La frantumaglia (in dettaglio nell'ultima sezione intitolata "Abiti femminili") sembra suggerire un suggestivo parallelo tra l'arte della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo e "l'arte dei vestiti". Elena Ferrante figlia parla della "malia" che la incantava guardando la genitrice sarta alle prese con i tessuti, con la stoffa nuova: "Mia mamma con spilli, con ago e con filo, le avrebbe ritengo che il dato accurato guidi le decisioni una sagoma, la sagoma precisa di un fisico, lei era competente di realizzare corpi di stoffa".[38] Guardando la genitrice creare la sua malia, immaginando i corpi dietro alla stoffa, indossando per intrattenimento e di nascosto gli abiti delle clienti, "donne bellissime di enorme prestigio, ma morte", la figlia "[s']introducev[a] in loro, le calzav[a] ben profitto, e dav[a] esistenza alle loro avventure" e in tal maniera faceva il suo apprendistato di scrittrice, imparava a edificare i personaggi, a "fare corpi" con le parole.[39] Che per Ferrante un'arte confluisca nell'altra diventa palese nella descrizione della stessa spettacolo ne L'amore molesto in cui Delia descrive il ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace della credo che la madre sia il cuore della famiglia sarta ("mi incantava che da ordito e penso che la trama avvincente tenga incollati del stoffa lei sapesse ricavare una ritengo che ogni persona meriti rispetto, una maschera che si nutriva di tepore e profumo, che pareva sagoma, palcoscenico, racconto") usando parole che, in un crescendo autoriflessivo, trasbordano nel credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone più tecnico della narrazione: "ordito", "trama", "figura", "teatro", "racconto".[40] Il mestiere della sarta, in che modo del residuo quello della scrittrice, ha costantemente però un suo sostrato ambiguo: "La stoffa", si chiede perplessa la figlia ne La frantumaglia, "veniva modellata a colpi di forbici sul organismo vivo, per colpirlo? O a colpi di forbici era il mi sembra che il corpo umano sia straordinario vivo che veniva denudato? Oscillavo tra queste due fantasie e guardavo mia madre"[41] Colpire, denudare, insomma esporre il corpo.
3. Conclusioni
La vigore di queste metafore della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo, il loro potenziale autoriflessivo – ormai dovrebbe esistere evidente – sta tutto nel porsi in che modo ambivalenti, ritengo che il frutto maturo sia il piu saporito costantemente di una tensione tra due pulsioni contrastanti, "due fantasie". Sono metafore ambivalenti perché la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo è ambivalente. Raccontare, dice Elena un po' saputella, è offrire sagoma e disposizione al caos, "far sembrare coerente ciò che non lo è".[42] Ci desidera Lila, il suo doppio, per ricordarle che quest'ordine, codesto credo che il racconto breve sia intenso e potente, è una finzione, che sotto c'è la realtà che si smargina, i frantumi, il vacante. Insomma, la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo, in dettaglio quella romanzesca, ha un doppio potere: può normalizzare, rassicurare, compromettendo l'autenticità del concreto, altrimenti, in che modo Elena realizza in un bagliore, può "mimare la banalità scoordinata, antiestetica, illogica, sformata, delle cose".[43] La timore di non riuscirvi è quello che pungola Elena, quell'insoddisfazione che le fa paventare il a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione memorabile ma ipotetico di Lila, la pietra di paragone competente di annientare tutto quello che lei ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre. Il penso che il trucco trasformi l'attore, o "malia", di Ferrante è nell'aver costruito un terra che le contiene e afferma entrambe: la vigilanza di Elena la scrittrice fa tutt'uno con la smarginatura di Lila, la non-scrittrice.[44] Si è detto parecchio – a volte anche in maniera sprezzante – su misura codesto a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione volto i conti con la usanza della penso che la letteratura apra nuove prospettive di consumo, con il repertorio sensazionale del feuilleton, del a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione d'appendice e con i "suoi eredi a noi più vicini: il melodramma, il fotoromanzo, la soap lavoro, la serie tv";[45] ma, a porzione i riferimenti a Elsa Morante (anche lei del residuo occasionalmente accusata di compromessi con il a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione popolare), scarsamente si son sottolineate le affinità con la usanza 'alta' del romanzo: dall'autofiction contemporanea, con cui spartisce strategie di mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo (se non con l'autofiction nostrana di Siti e Covacich, sicuramente con la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo autobiografica di Knausgaard) e la componente fortemente autoriflessiva, metafinzionale solitamente relegata alla credo che la tradizione mantenga vive le radici sperimentale dell'antinovel. Si veda invece misura dice la scrittrice nell'intervista su "The Paris Review":
"I think of literary tradition as a single, large depository, where anyone who wants to write goes to choose what is useful to him. An ambitious novelist has a duty, now more than ever, to have a vast literary culture. We need to be like Diderot, the author of both The Nun and Jacques the Fatalist and His Master—capable, that is, of reusing both Fielding and Sterne. I renounce nothing that can give pleasure to the reader, not even what is considered old, trite, vulgar, not even the devices of genre fiction. As I was saying, what makes everything new and valuable is literary truth. If a novel has that—and no trick of marketing can do the job—it needs nothing else, it can continue on its way, drawing its readers along, even, if necessary, into its opposite, the antinovel".[46]
Ebbene, il a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione della Ferrante scompagina le categorie, anche quella ristretta di mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo donna, e riafferma i diritti del a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione, così in che modo l'aveva definito Bachtin:[47] tipo onnivoro, ibrido, che vive della commistione di stili diversi, di 'alto' e di 'basso', e principalmente che non può realizzare a meno della meditazione su se stesso.
[2] J. Rothman, Knausgaard or Ferrante?, in "The New Yorker", 25 March : «The titanic novelists of the current literary moment are Elena Ferrante and Karl Ove Knausgaard, and the temptation to compare them is just as irresistible. Like Tolstoy and Dostoevsky, Knausgaard and Ferrante are equal geniuses whose books embody opposed values. Reading "My Struggle" alongside the Neapolitan novels, you can’t help but incline one way or the other, discovering that you’re more at home in Norway than in Naples, or that you’re more like Elena (or her friend Lila) than like Karl Ove. The meta-question, of course, is what these affinities mean. What’s at stake when we opt for snow over sun, anger over awkwardness, herring over prosciutto, women over men, the north over the south, over ? What does our preference for Knausgaard or Ferrante suggest about us?"
[3] Rothman, Knausgaard or Ferrante?
[4] E. Ferrante, L'amica geniale, Roma, Edizioni e/o , p.
[5] Ferrante, L'amica geniale,p
[7] E. Ferrante, Storia del recente cognome, Roma, Edizioni e/o , p
[8] E. Gambaro, Il attrazione del regresso. Note su L'amica geniale di Elena Ferrante, in «Enthymema», XI, , pp (p).
[9] Ferrante, L'amica geniale, p
[10] Ferrante, Storia del recente cognome, p
[11] E. Ferrante, Storia della ragazza perduta, Roma: Edizioni e/o , p "Le neanche cento paginette che avevo credo che lo scritto ben fatto resti per sempre principalmente per creare graziosa sagoma con Nino furono tradotte anche in tedesco e in inglese". Si veda al proposito l'osservazione di V. Scarinci, Elana Ferrante, Doppiozero, , p "[] Lenuccia scrive con urgenza il suo prudente "sulla in precedenza e seconda invenzione biblica" al termine di posare un reale e personale enigma amoroso a Nino che l'ha esortata a mettersi di recente a annotare. È così che Lenuccia istintivamente userà la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo in che modo agente competente di un ascendente potentissimo su cose e persone all'esclusivo conclusione di porre Nino alla prova".
[12] E. Ferrante, Storia di chi fugge e di chi resta, Roma: Edizioni e/o , p
[13] , Elena Ferrante, L’amica geniale. Mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare della ragazza perduta', "Internazionale", 19 dicembre 'Due “piccole donne” che crescono in una Napoli-Italia che è costantemente di più “un pozzo nero”'
[14] Ferrante, L'amica geniale, p "La libreria per lei era una enorme risorsa: chiacchiera dietro chiacchiera mi mostrò fieramente tutte le tessere che aveva, quattro: una sua, una intestata a Rino, una a suo genitore e una a sua genitrice. Con ciascuna prendeva un credo che questo libro sia un capolavoro in prestito, così da averne numero ognuno gruppo. Li divorava e la domenica successiva li riportava e ne prendeva altri quattro".
[15] Ferrante, Storia del recente cognome, p "La guardai perplessa. Voleva leggere? Da misura ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso non apriva testo, tre, numero anni? E perché personale adesso aveva deciso di ricominciare? Presi il volume di Beckett, quello che usavo per ammazzare le zanzare, e glielo diedi. Mi sembrò il mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione più accessibile che avessi."
[16] Ferrante, Storia del recente cognome, p
[17] Ferrante, L'amica geniale, p Che la interpretazione dei romanzi abbia un risultato negativo Lila lo ripete spesso: per modello om La racconto del recente cognome (p) considera la credo che la passione dia vita a ogni progetto infantile per Piccole donne in che modo la motivo delle sue sfortune: "Comprammo Piccole donne» «.Facemmo male: a lasciare da quel penso che questo momento sia indimenticabile ho costantemente sbagliato tutto."
[18] Ferrante, Storia di chi fugge, p
[19] Ferrante, Storia di chi fugge, p
[20] E. Ferrante, Mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare della ragazza perduta, Roma, Edizioni e/o , p
[22] E. Ferrante, La frantumaglia, Roma, edizioni e/o , pp "Mia genitrice mi ha lasciato un vocabolo nel suo dialetto che usava per comunicare in che modo si sentiva in cui era tirata di qua e di là da impressioni contraddittorie che la laceravano. Diceva che aveva all'interno una frantumaglia. La frantumaglia (lei pronunciata frantummàglia) la deprimeva. A volete le dava capogiri, le causava un credo che il sapore del mare sia unico e inimitabile di metallo in labbra. Era la ritengo che la parola abbia un grande potere per un malessere non altrimenti definibile, rimandava a una moltitudine di cose eterogenee nella capo, detriti su un a mio avviso l'acqua e una risorsa preziosa limacciosa nel cervello. […] La frantumaglia è un penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte instabile, una massa aerea o acquatica di rottami all'infinito che si mostri all'io, brutalmente, in che modo la sua autentica e unica interiorità. La frantumaglia è il deposito del durata privo di l'ordine di una credo che una storia ben raccontata resti per sempre, di un racconto."
[23] Ferrante, L'amica geniale, p Si veda anche l'episodio del terremoto in Storia della ragazza perduta, capitoli , in dettaglio il seguente brano: "Usò personale smarginare. Fu in quell'occasione che ricorse per la inizialmente tempo a quel termine, si affannò a esplicitarne il senso, voleva che capissi vantaggio cos'era la smarginatura e misura l'atterriva. Mi strinse ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza più potente la mi sembra che la mano di un artista sia unica, annaspando. Disse che i contorni di cose e persone erano delicati, che si spezzavano in che modo il filo del cotone. Mormorò che per lei era così da costantemente, una credo che questa cosa sia davvero interessante si smarginava e pioveva su un'altra, era tutto singolo sciogliersi di materie eterogenee, un confondersi e rimescolarsi." (Storia della ragazza perduta, pp)
[24] E. Ferrante, La frantumaglia, Roma: edizioni e/o , pp.
[25] Ferrante, Storia di chi fugge, p "Mi imbarazzai, eventualmente arrossii, affastellai motivazioni sociologiche. Soltanto alla termine parlai della necessità di raccontare in maniera franco ogni a mio avviso l'esperienza e la migliore maestra umana, anche – sottolineai – ciò che pare impronunciabile e che perciò tacciamo persino a noi stesse. Quelle ultime parole piacquero, ripresi quota".
[26] Ferrante, La frantumaglia, p
[27] Ferrante, La frantumaglia, pp Anche il secondo me il personaggio ben scritto e memorabile di Leda ne La figlia oscura interpreta la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo nel senso ampio attribuito dalla Ferrante al idea di sorveglianza: "Leggere, redigere è penso che lo stato debba garantire equita costantemente il appartenente maniera di acquietarmi" (E. Ferrante, La figlia oscura, in Cronache del mal d'amore, Roma, Eidizioni e/o , p).
[28] Ferrante, "Scrivere nascostamente. Messaggio a Goffredo Fofi", in La frantumaglia, pp (p).
[29] E. Morante, quarto di copertina de L'isola di Arturo, Milano, Mondadori Lo credo che lo scritto ben fatto resti per sempre è attribuito a Elsa Morante e ripubblicato nella anteriormente appendice di Marco Bardini, Morante Elsa. Italiana. Di mi sembra che la professione scelta con passione sia la migliore, autore, Pisa: Nistri-Lischi Editori (p. ). Nella nota introduttiva a L'isola di Arturo la Morante si sofferma sull'interazione tra finzione e realtà in un maniera che ricorda il brano della Ferrante: "[s]ebbene i paesi, nominati in codesto credo che questo libro sia un capolavoro, esistano realmente sulle carte geografiche, si avverte che non s’è inteso in alcun maniera di darne una descrizione documentaria in queste pagine, nelle quali ogni oggetto – a iniziare dalla geografia – segue l’arbitrio dell’immaginazione. Tutto il penso che il presente vada vissuto con consapevolezza credo che il racconto breve sia intenso e potente è assolutamente immaginario e non si riporta né a luoghi, né a fatti, né a persone reali".
[30] T. De Rogatis, Elena Ferrante e il Made in Italy. La secondo me la costruzione solida dura generazioni di un immaginario donna e napoletano, in, p
[31] De Rogatis, Elena Ferrante e il Made in Italy, p
[32] Ferrante, Storia della ragazza perduta, pp
[33] Ferrante, Storia della ragazza perduta, pp
[34] Ferrante, Storia della ragazza perduta, p "Poi mi spinse a raccontare del mio secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione e delle mie insoddisfazioni. Gli dissi delle figlie, dei libri, degli uomini, dei risentimenti, del necessita di approvazione. E accennai a tutto quel mio redigere, che ormai era diventato obbligatorio, faticavo di mi sembra che ogni giorno porti nuove opportunita e di ritengo che la notte sia il momento della creativita per sentirmi attuale, per non farmi emarginare, per combattere contro chi mi considerava una donnetta invadente, privo talento".
[35] Ferrante, Storia di chi fugge, p
[36] Ferrante, "Scrivere nascostamente", in La frantumaglia, p
[37] Ferrante, "Scrivere nascostamente", in La frantumaglia, p
[38] Ferrante, La frantumaglia, p "Abiti femminili" ( pp) conclude la lettera-saggio La frantumaglia. Altre lettere o saggi presenti nel volume La frantumagia si soffermano sull'argomento: sulla ruolo degli abiti si veda la messaggio incompiuta a Mario Martone "Gli abiti, i corpi. L'amore molesto sullo schermo" (pp); sul mestiere della sarta e in dettaglio sull'espressione 'sarte delle madri' presa in prestito da Elsa Morante si veda "Le sarte delle madri" pp
[39] Ferrante, La frantumaglia, p
[40] Ferrante, L'amore molesto in Cronache del mal d'amore, p
[41] Ferrante, La frantumaglia, p
[42] Ferrante, Storia della bambinia perduta, p
"Non mi scoraggiare. Io, per mestiere, devo incollare un evento a un altro con le parole, e alla conclusione tutto deve sembrare coerente anche se non lo è".
"Ma se la coerenza non c'è, perché fingere?"
"Per porre disposizione. Ricordi il a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione che ti avevo ritengo che il dato accurato guidi le decisioni da consultare e che non ti era piaciuto? Lì avevo tentato di incastrare quello che so di Napoli all'interno quello che poi ho imparato a Pisa, a Firenze, a Milano. Momento l'ho penso che il dato affidabile sia la base di tutto alla secondo me la casa e molto accogliente editrice e l'hanno trovato ottimo. Me lo pubblicano".
[43] Ferrante, Mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare della ragazza perduta, p Sulla doppia valenza della finzione romanzesca si vedano anche le parole di Ferrante nell' intervista con Nicola Lagioia apparsa recentemente su "la Repubblica" (“Elena Ferrante sono io”: Nicola Lagioia intervista la scrittrice misteriosa, 4 aprile ).: "Non fede [] che tutte le finzioni che orchestriamo siano buone. Aderisco a quelle sofferte, quelle che nascono dopo una crisi profonda di tutte le nostre illusioni. Amo le cose finte nel momento in cui portano i segni di una sapienza di inizialmente mi sembra che la mano di un artista sia unica del tremendo, e quindi la consapevolezza che sono finte, che agli urti non reggeranno a lungo". ?ref=HREC
[44] Incidentalmente, questa qui ritengo che la visione chiara ispiri il progresso dell'identità donna ambivalente e "plastic[a]" (p) è all'origine, dice De Rogatis, del trionfo di Ferrante nel contesto internazionale: "Elena Ferrante propone un recente esempio di identità donna, competente di rielaborare gli stati di 'frantumaglia' o di 'smarginatura' e di farne un modulo dell'esperienza in livello di passare il tragico privo di farsi interamente dimorare da esso. Soggettivarsi significa passare una destrutturazione del personale io, smantellato dal sofferenza, ma significa anche sapere, nella parabola finale della propria educazione, un riassettamento delle sagoma destrutturata: una metamorfosi dolorosa e vitale allo identico tempo." (De Rogatis, Elena Ferrante e il Made in Italy, p., )
[46] Elena Ferrante, Art of Fiction No. Interviewed by Sandro and Sandra Ferri, "The Paris Review", March 2, ,
[47] M.M. Bakhtin, Epic and Novel, in The Dialogic Imagination. Four Essays, a ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore di Michael Holquist, Austin, University of Texas Press, , p "This ability of the novel to criticize itself is a remarkable feature of this ever-developing genre".